
Diventare genitori rappresenta uno degli eventi più importanti nella coppia e nell’individuo. Nel primo caso due persone realizzano un progetto comune che deriva dal loro legame profondo e duraturo mentre nel secondo comporta per i singoli individui l’acquisizione di una nuova identità, non più solo coniuge ma anche genitore. La diade diventa triade e ciò comporta una riorganizzazione dell’assetto familiare e dei ruoli all’interno di esso.
Sempre più spesso, però, accade che desiderare un figlio non è sufficiente e molte coppie si trovano a dover affrontare un tema estremamente delicato e per molti sconosciuto: l’infertilità. Secondo il Ministero della Salute (2016) una coppia su 5 è infertile, ciò significa che o uno o entrambi i partner hanno difficoltà a procreare.
L’OMS definisce l’infertilità come:
“una patologia caratterizzata dalla incapacità di generare una gravidanza dopo 12 mesi di regolari rapporti sessuali non protetti o dovuta una incapacità riproduttiva del singolo o del/della partner.” (OMS, 2016)
L’infertilità oltre ad essere una patologia fisica rappresenta anche la causa di tutta una serie di difficoltà psicologiche e relazionali che derivano proprio dal vedere fallire il proprio progetto condiviso con il partner.
Se avere un figlio è un evento cosiddetto normativo, ossia rappresenta per la maggior parte degli individui un avvenimento atteso, l’infertilità è un evento paranormativo, ossia un avvenimento non previsto, che interrompe in modo improvviso e brusco l’equilibrio del ciclo vitale della famiglia. La difficoltà di concepire un bambino non mette in discussione solo la possibilità della coppia di diventare genitori ma anche degli altri familiari di diventare nonni e zii.
La diagnosi di infertilità fa entrare l’intero nucleo familiare in contatto con la dimensione della perdita, mettendo in crisi una delle funzioni principali della coppia: quella generativa. Quest’ultima non è ovviamente rappresentata soltanto da un figlio, ma da qualsiasi progetto che si identifica come terzo rispetto alla coppia, permettendo ai partner di sentirsi “non una sterile vicinanza di individui, ma una generativa condivisione di identità” (Cigoli).
La coppia che intraprende un percorso di PMA si ritrova ad affrontare molte prove, tra le quali i tantissimi controlli medici, le analisi, la difficoltà nel reperire informazioni chiare e precise, il disagio nel condividere il proprio vissuto con parenti ed amici e il sentimento di isolamento sociale che deriva proprio dalla dimensione luttuosa con cui la coppia si confronta, legata alla perdita della possibilità di concepire un bambino in modo naturale e spontaneo.
L’infertilità è un’esperienza estremamente estenuante che coinvolge ogni aspetto della vita personale e sociale della coppia e minaccia profondamente l’identità maschile e quella femminile: la prima per ciò che riguarda il tema della virilità e quindi della capacità di riprodursi come rappresentazione di potenza sessuale; la seconda perché nega la complessa esperienza della maternità. Inoltre, i tanti e diversi stress psicofisici che la coppia vive, possono mettere in crisi anche la capacità della coppia stessa di sostenersi e proteggersi. Infatti, spesso accade che la ricerca di un figlio diventi così centrale all’interno della coppia da portare quest’ultima ad annullare ogni altro progetto.
Per una donna che inizia un percorso di fecondazione assistita significa dover affrontare prove molto difficili dal punto di vista personale: vuol dire spogliarsi dei propri vestiti e delle proprie emozioni e mostrarsi a diversi medici. I controlli clinici, orientati a studiare e approfondire le cause mediche dell’infertilità, sono molteplici e a volte dolorosi. Un altro aspetto molto importante è il valore che assume il vissuto del corpo nella sterilità. Il corpo che non genera è innanzitutto sentito come vuoto, difettoso, inadeguato. La donna vive il proprio corpo come ambivalente: è un corpo tradito e traditore. Il corpo sterile è il luogo del conflitto: non può nascondere i propri timori e, allo stesso tempo, è bisognoso di ascolto e di attenzione.
Il vissuto legato all’infertilità è diverso nella donna e nell’uomo e ciò può rendere difficile la comprensione reciproca. È solo grazie all’ascolto e alla condivisione di queste differenze individuali che la coppia può superare la diagnosi di infertilità, ciò infatti determina un arricchimento per la coppia che si sentirà più unita e più in grado di affrontare responsabilmente le sfide della vita in generale.
Durante il percorso di PMA è molto importante e utile chiedere un sostegno psicologico, infatti quest’ultimo può aiutare la coppia ad affrontare i disagi e le difficoltà che possono derivare da questo tipo di percorso. Come detto in precedenza, la coppia nell’affrontare gli aspetti legati alla difficoltà riproduttiva, può entrare in una forte crisi di identità proprio rispetto al ruolo di donna e di uomo. Attraverso il lavoro psicologico si può far emergere il vissuto emotivo che deriva dalla diagnosi di infertilità, ciò è determinante per aiutare i pazienti ad accettare anche le eventuali reazioni negative. Inoltre, in un percorso di questo tipo, è molto importante aiutare la coppia ad affrontare il lutto, infatti la perdita della possibilità di procreare un bambino è molto simile alla perdita di una persona reale.
Interventi offerti:
Servizio di counselling psicologico ed informativo sulla PMA.
Colloqui di sostegno psicologico (individuale e di coppia).
Colloqui Psico-educativi.
Monitoraggio della gravidanza.
Incontri di gruppo per permettere alle coppie di confrontarsi sul proprio vissuto e sulle proprie esperienze.
Intervento di tipo sessuologico volto a recuperare l’intimità di coppia.
Percorso di coaching “Quando un figlio non arriva”, il cui scopo è quello di aiutare le donne infertili a trasformare il proprio dolore in crescita personale.
Inizia il tuo percorso. Richiedi un primo colloquio nel quale andremo a valutare insieme quale intervento è più adatto.
Dott.ssa Maria Geltrude Tagliaferri
email: maria.tagliaferri82@gmail.com
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